Mantova, 17 maggio 2019 – Si chiamano Puccinia graminis, Cucumber Mosaic Virus, Xylella fastidiosa, Magnaporthe oryzae e Peronospora belbahrii. Sono i nomi scientifici dei pericolosi patogeni che colpiscono alcuni dei simboli del Made in Italy agroalimentare come grano, riso, olio extravergine di oliva, basilico e pomodoro San Marzano, ingredienti alla base della nostra alimentazione che oggi rischiano di scomparire. La soluzione per aiutarli a sopravvivere è rappresentata dalla ricerca scientifica in agricoltura, in grado di rendere queste varietà più resistenti agli attacchi di virus, batteri e funghi. È questo il tema al centro di “Cibi a rischio di estinzione”, l’incontro pubblico promosso nel corso del Food & Science Festival 2019 da Cibo per la mente, il Manifesto per l’innovazione nel settore primario che riunisce 14 associazioni dell’agroalimentare italiano. L’evento di divulgazione scientifica è in programma sabato 18 maggio alle 15, nella Sala delle Lune e dei Nodi in via Calvi 28 a Mantova e sarà condotto da Deborah Piovan, agricoltore e portavoce di Cibo per la mente, e Vittoria Brambilla, genetista e ricercatrice dell’Università degli Studi di Milano.
“È di ieri l’allarme lanciato dall’Autorità europea della sicurezza alimentare (Efsa), secondo cui non esiste ancora un modo conosciuto per eliminare la Xylella fastidiosa da una pianta di olivo malata – ha dichiarato Deborah Piovan. Secondo i dati ISTAT, la produzione italiana di olio d’oliva è scesa nel 2018 del -34,7% rispetto all’anno precedente, con la massima caduta in Puglia (-48% in valore e -43% in volume). Questo è solo un esempio dei rischi a cui esponiamo i nostri prodotti che non possono beneficiare dei vantaggi garantiti dalle biotecnologie. In questo preoccupante scenario ci aspettiamo che il nuovo Parlamento europeo riordini la materia in modo da rendere fruibili le nuove e promettenti tecnologie, anche in seguito alla sentenza della Corte europea di Giustizia che nel luglio 2018 ha incluso le New Breeding Techniques (Nbts) nella vecchia direttiva Ogm 2001/18/CE, pensata quando la moderna mutagenesi neppure esisteva. Le nuove tecniche di genome editing sono una risorsa fondamentale per aumentare le rese in maniera sostenibile, contrastare l’aggressività delle malattie delle piante e produrre alimenti più nutrienti: i ricercatori devono però avere l’opportunità di potervi avere accesso”.
“È difficile immaginare un futuro prossimo in cui sarà difficile poter preparare ricette semplici come una bruschetta, un risotto o la pasta al pesto – ha spiegato Vittoria Brambilla. Eppure la ruggine del grano mette a rischio le coltivazioni di frumento tenero, il virus del mosaico minaccia il Pomodoro San Marzano, la peronospora il basilico e il brusone il riso da risotti, fiori all'occhiello della dieta italiana. La tutela di questi ingredienti non può prescindere dall'innovazione in agricoltura che consente di rendere queste varietà più resistenti ai patogeni. Il genome editing rappresenta la naturale evoluzione dei metodi convenzionali, ma consente di ottenere gli stessi risultati in tempi brevissimi e con maggiore precisione”.
“In Europa abbiamo il cibo più sicuro al mondo, ma i consumatori più spaventati e non possiamo adagiarci sulla narrazione di un’agricoltura tutta ‘buona’ e ‘naturale’ – ha concluso Deborah Piovan -. Comunicare i vantaggi della scienza in agricoltura serve a riparare questo corto circuito e sostenere il lavoro di ricercatori, agricoltori e trasformatori che portano ogni giorno cibo sicuro, abbondante e a buon mercato sulle nostre tavole”.
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